Piccolo excursus storico: qualche anno fa lessi un volume dedicato ad Anna Kuliscioff, il quale riportava anche la raccolta di lettere, messaggi, dichiarazioni dei compagni socialisti di tutta italia alla sua morte. Ad eccezione di quelli di pochi compagni, spesso coloro che sono passati alla storia, vi è un’immagine comune a moltissimi di questi messaggi: quella di “un uomo nel corpo di una donna”, di “una donna dal carattere e dalle qualità maschili”, come massimo complimento. Scritto da compagni socialisti che avevano sinceramente amato e stimato la Kuliscioff. Fosse potuta risorgere un solo giorno, lei lo avrebbe probabilmente impiegato per strozzarli tutti. Non avevano capito nulla della lotta quotidiana che aveva impiegato per scardinare il monopolio dell’uomo.
Vedere la donna secondo i parametri maschili, sopratutto vedere la donna in funzione dell’uomo, è un atteggiamento sommessamente implicito in molti ragionamenti ed atteggiamenti più o meno consapevoli di noi uomini; è un atteggiamento a cui anche chi si dimostra per pensiero e attività più impegnato nella lotta per la liberazione femminile talvolta inconsciamente cede per poi repentinamente accorgersene; perché, fondamentalmente, è uno dei frame fondamentali della cultura occidentale, che ci piaccia o meno.
La battaglia per il riconoscimento del femminicidio come fenomeno sociale peculiare, nonché per l’introduzione dello stesso termine nel linguaggio quotidiano, è fondamentale perché isola con precisione chirurgica la manifestazione ultima di questo frame della donna come mera funzionalità maschile, ovvero l’uccisione della donna “in quanto donna“, e ne testimonia la gravità con la precisione di ciò che può essere contato (pure se molti rischiano di non venire mai alla luce).
Le battaglie più difficili come è noto sono quelle culturali, perché non basterà una legge sul femminicidio (sperando che venga fatta!) per risolverne il problema o eliminare la discriminazione di genere.
La disparità di genere si nota negli atteggiamenti inconsci quotidiani più banali: come il razzismo sarà più estraneo alla cultura occidentale solo quando non avremo l’istinto di dare alla persona di colore del tu invece che del lei, così per la questione di genere: Il maschio-centrismo ugualmente potrà aver fine soltanto quando non accadranno più eventi e fenomeni terribilmente quotidiani: quando nelle pubblicità dei prodotti di pulizia il protagonista non sarà più sempre una donna, e nelle pubblicità di automobili non sarà più sempre un uomo a guidarle; quando non vi sarà un’evidente disparità nei criteri di selezione di conduttori televisivi maschi e femmine; quando una donna disporrà del libero impiego del proprio corpo senza ripercussioni sociali; quando non ci sarà più bisogno delle quote rosa; quando…quando…quando…
Nel mentre, l’ottiamo sempre.
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